
Ammettiamolo, l’invito al vaccino Covid-19 è arrivato un po’ come quella notifica inaspettata su Tinder: un misto di sollievo (“Finalmente!”) e un pizzico di ansia (“Ma chi sarà mai?”). Ci hanno promesso protezione, un’immunità da supereroe (o quasi), e la possibilità di tornare a litigare per l’ultimo pezzo di pizza alle feste.
L’attesa per la propria dose era un po’ come aspettare il proprio turno dal dentista, solo con meno trapano e più possibilità di farsi un selfie con l’infermiere/a (hashtag #vaxxedandrelaxed). Poi arriva il momento fatidico: la punturina. Un attimo di terrore degno di un film horror di serie B, seguito da un “Tutto qui?”. Sembrava più minaccioso il mormorio della vicina in sala d’attesa che la siringa in sé.
E gli effetti collaterali? Beh, diciamo che per un paio di giorni ci siamo sentiti un po’ come un cocktail shakerato male: mal di testa, un vago senso di “non so bene cosa mi stia succedendo”, e il braccio dolorante che ci ricordava costantemente il nostro eroico gesto. Alcuni giuravano di aver sviluppato superpoteri (tipo riuscire a dormire 12 ore di fila), ad alcune persone sono spuntate sulla testa due protuberanze, ma alcuni dicono ch non sia stato il vaccino a un’altra cosa.
Altri semplicemente si sono goduti il giorno di riposo extra.
Ma alla fine, eccoci qui, “vaccinati e contenti”. Possiamo tornare a fare cose che davamo per scontate, come tossire in pubblico senza far scattare un’evacuazione di massa. E chissà, magari quel microchip che qualcuno temeva ci darà finalmente la possibilità di trovare il telecomando perduto.
Quindi, se non l’avete ancora fatto, fatevi avanti! La scienza vi aspetta (e magari anche un cerottino colorato).